La Comunicazione è una trappola: parliamo, ma ci capiamo davvero?

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Comunichiamo ovunque, in coppia, al lavoro, in famiglia, nei social. Ma ci capiamo o ci stiamo solo rispondendo a vicenda? Spesso ci troviamo intrappolati in schemi inconsapevoli, reazioni automatiche, parole dette senza pensare. Il problema è che non siamo solo noi a parlare: con noi parlano anche le voci interiorizzate della nostra infanzia, le aspettative dei nostri genitori, le dinamiche che abbiamo assorbito crescendo.

Vediamo come questo influenza i tre ambiti fondamentali della nostra vita.

1. Comunicazione in Coppia: I 3 Stati dell’Io a tavola

Eric Berne, con l’Analisi Transazionale, ci spiega che in ogni interazione entrano in gioco tre stati dell’Io: il Genitore, il Bambino e l’Adulto. Il problema è che spesso non siamo consapevoli di quale voce stia parlando nella coppia.

  • Il Genitore Normativo ordina: “Devi fare come dico io, perché è giusto così!”
  • Il Genitore Affettivo coccola o protegge: “Non preoccuparti, ci penso io.”
  • Il Bambino Ribelle sfida: “Non voglio sentirmelo dire!”
  • Il Bambino Obbediente si adegua: “Hai ragione, faccio come dici.”
  • L’Adulto è l’unico che ascolta, valuta e risponde in modo razionale: “Proviamo a trovare una soluzione insieme.”

Quando in coppia le conversazioni degenerano in scontri o silenzi, è spesso perché stiamo parlando da uno stato dell’Io non consapevole. Ad esempio, se lei dice “Tu non fai mai niente a casa, dovresti aiutarmi di più, non sono la tua serva!” (Genitore Normativo), l’altro potrebbe reagire da Bambino Ribelle: “Non ne ho voglia, ho altro da fare, se non vuoi farlo tu, lascia stare, ci penso io dopo. Stai sempre a lamentarti!”

Soluzione: prima di rispondere “qualcosa che percepisci come”infastidito/a” , chiediti: chi sta parlando dentro di me? È il mio Adulto o il mio Bambino ferito? Per tirare fuori l’Adulto, prova questi passi pratici:

Ascolta davvero l’altro – Non solo per rispondere, ma per capire il suo punto di vista. Chiedi chiarimenti invece di supporre.

Fermati un attimo – Prima di reagire, fai una pausa. Respira profondamente e prenditi qualche secondo per riflettere.

Osserva la tua emozione – Stai provando rabbia, frustrazione, senso di ingiustizia? Questi segnali spesso indicano che sta parlando il Bambino ferito.

Chiediti cosa vuoi davvero – Vuoi avere ragione o trovare una soluzione? L’Adulto cerca di costruire, non di vincere.

Riformula la risposta – Evita accuse o generalizzazioni (“Tu non fai mai niente!”) e usa un linguaggio costruttivo (“Mi farebbe piacere se mi aiutassi di più”).

2. Comunicazione al Lavoro: L’ufficio come estensione della tua infanzia

Le dinamiche che abbiamo vissuto in famiglia si riflettono inevitabilmente sul lavoro. Crescere senza sentirsi visti, apprezzati o con la costante paura della disapprovazione ci porta a comportamenti automatici nell’ambiente professionale.

  • Non sentirsi visti → bisogno eccessivo di approvazione dai superiori.
  • Non essere apprezzati → iperlavoro per dimostrare il proprio valore.
  • Essere stati giudicati o controllati → paura del fallimento, tendenza a evitare il confronto.

Queste ferite dell’infanzia creano relazioni lavorative basate su ruoli inconsci. Un capo ipercritico può evocare il Genitore Normativo, mentre un dipendente che non si sente mai abbastanza può assumere il ruolo del Bambino Obbediente, incapace di dire “no”.

Soluzione: riconosci questi schemi e rispondi da Adulto. Se un collega o un capo ti critica, invece di reagire con rabbia o chiusura, prova questi approcci pratici:

  1. Sposta l’attenzione sulla crescita, non sull’attacco – Se un capo dice: “Questo lavoro non va bene”, invece di sentirti colpevole o difenderti, chiedi: “Quali aspetti posso migliorare?”. Questo ti permette di rimanere nell’Adulto e dimostrare apertura.
  2. Evita la chiusura e il vittimismo – Se un collega sottovaluta il tuo contributo, anziché pensare “Non valgo niente”, rispondi con fermezza: “Mi piacerebbe capire meglio il tuo punto di vista. Quali aspetti del mio lavoro ritieni migliorabili?”.
  3. Usa il linguaggio costruttivo – Se un superiore ti assegna continuamente compiti senza riconoscere il tuo valore, puoi dire: “Mi piacerebbe ricevere un feedback sul mio lavoro. Quali aspetti apprezzi maggiormente?”.
  4. Impara a dire no senza paura – Se ti viene chiesto di fare straordinari continuamente senza riconoscimento, puoi rispondere: “In questo momento non riesco a gestire un ulteriore carico, ma possiamo rivedere le priorità insieme?”.

Rispondere in questo modo ti aiuta a interrompere schemi reattivi e a costruire relazioni lavorative più sane e produttive.

3. Comunicazione in Famiglia: Lealtà invisibili e Ordini dell’Amore

Bert Hellinger ci insegna che se nelle famiglie esistono tre ordini fondamentali dell’amore:

  1. Appartenenza: tutti hanno diritto di farne parte.
  2. Gerarchia: chi è arrivato prima ha un posto speciale.
  3. Equilibrio nel dare e ricevere: ogni relazione sana ha uno scambio bilanciato.

Se questi ordini vengono infranti, la comunicazione familiare diventa tossica.

  • Un genitore che si confida con un figlio invertendo i ruoli (“Sei il mio unico sostegno”) crea confusione nella gerarchia. Soluzione: Se sei genitore, cerca supporto tra pari (amici, terapeuti, partner) invece di caricare il figlio di un peso emotivo che non gli compete. Se sei figlio e ti trovi in questa situazione, puoi dire con gentilezza: “Mi dispiace vederti in difficoltà, ma credo che un adulto/un professionista/un amico possa aiutarti meglio di me”.
  • Un figlio che si sente escluso o meno considerato dagli altri fratelli sviluppa un bisogno costante di essere visto. Soluzione: Se sei genitore, evita paragoni e competizioni tra fratelli, valorizzando l’unicità di ciascuno. Crea momenti di condivisione familiare in cui ogni figlio possa sentirsi parte del nucleo senza dover competere per attenzione. Se noti tensioni tra fratelli, incoraggia la collaborazione anziché la rivalità, ad esempio assegnando compiti di squadra invece di mettere i figli in competizione. Se sei il figlio che si sente trascurato, invece di cercare attenzioni attraverso il conflitto, prova a costruire legami più forti con i tuoi fratelli, trasformando la rivalità in un’alleanza.
  • Se in famiglia si usano critiche e giudizi come forma di comunicazione, da adulti si rischia di riprodurre lo stesso modello nelle proprie relazioni. Soluzione: Riconoscere che questo stile comunicativo non è sano e interrompere il ciclo. Se sei genitore, sostituisci le critiche con apprezzamenti specifici e costruttivi. Se sei figlio e ricevi critiche costanti, puoi rispondere con frasi che stabiliscono un confine: “Capisco il tuo punto di vista, ma preferirei ricevere suggerimenti più concreti per migliorare”.

In generale, rispettare i ruoli significa mantenere un equilibrio sano: il genitore deve essere un punto di riferimento, il figlio non deve sentirsi responsabile dei problemi dei genitori e la comunicazione dovrebbe essere basata su rispetto e chiarezza, non su colpa e giudizio.

4. Comunicare meglio con la Comunicazione NonViolenta (CNV)

La Comunicazione Non Violenta (CNV), ideata da Marshall Rosenberg, offre strumenti concreti per migliorare la qualità delle interazioni. La CNV si basa su quattro pilastri fondamentali:

  1. Osservazione – Descrivere i fatti senza giudizio o interpretazione.
  2. Sentimenti – Esprimere come ci sentiamo rispetto alla situazione.
  3. Bisogni – Identificare i bisogni non soddisfatti che stanno alla base delle emozioni.
  4. Richiesta – Formulare una richiesta chiara e realizzabile.

Esempi Pratici di CNV

  1. In coppia
    • Comunicazione reattiva: “Non mi ascolti mai! Sei sempre distratto!”
    • Comunicazione CNV: “Quando parlo con te e vedo che guardi il telefono (osservazione), mi sento frustrato (sentimento) perché per me l’attenzione è importante (bisogno). Puoi spegnere il telefono mentre parliamo? (richiesta)”
  2. Al lavoro
    • Comunicazione reattiva: “Non mi dai mai feedback, non so mai cosa pensi del mio lavoro.”
    • Comunicazione CNV: “Quando non ricevo riscontri sul mio lavoro (osservazione), mi sento insicuro (sentimento) perché ho bisogno di sapere se sto procedendo nella giusta direzione (bisogno). Potremmo organizzare una riunione periodica per un confronto? (richiesta)”
  3. In famiglia
    • Comunicazione reattiva: “Perché critichi sempre quello che faccio? Non ti va mai bene niente!”
    • Comunicazione CNV: “Quando ricevo critiche senza suggerimenti costruttivi (osservazione), mi sento demotivato (sentimento) perché ho bisogno di riconoscimento per il mio impegno (bisogno). Puoi dirmi cosa apprezzi e poi suggerire miglioramenti? (richiesta)”

Esercizi per applicare la CNV

Esercizio 1: Riscrivi una conversazione in chiave CNV

  1. Pensa a una discussione recente in cui ti sei sentito frainteso o frustrato.
  2. Scrivi esattamente come hai comunicato il tuo punto di vista.
  3. Riscrivi la stessa frase utilizzando i quattro passi della CNV (Osservazione, Sentimento, Bisogno, Richiesta).
  4. Confronta le due versioni: come cambia la percezione?

Esercizio 2: Pratica dell’ascolto empatico

  1. Chiedi a una persona vicina di raccontarti un problema che ha vissuto di recente.
  2. Ascolta senza interrompere e, alla fine, ripeti con parole tue ciò che hai compreso (“Se ho capito bene, ti sei sentito/a… perché…”).
  3. Evita consigli, soluzioni o giudizi. Concentrati solo sul comprendere.
  4. Chiedi alla persona se si è sentita capita e, se necessario, riformula meglio.

Capire come comunichiamo è il primo passo per migliorare la qualità delle nostre relazioni. Non basta parlare, serve ascoltare, comprendere e scegliere consapevolmente quali parole usare.


FORMAZIONE: Se desideri acquisire competenze specifiche sulla comunicazione assertiva da utilizzare in ogni ambito, ti suggerisco di iscriverti al Videocorso “Comunicazone NonViolenta” di Maria Luisa Mirabella

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